Corriere della Sera, 16 Maggio 1974, Pier Paolo Pasolini: "Attenti al fascismo degli antifascisti".
Storified by RiccardoDeias ·
Wed, Apr 04 2018 08:28:33
Corrado Alvaro: "La disperazione più grave che possa impadronirsi d'una società è il dubbio che vivere rettamente sia inutile". (da Ultimo diario)
Il 6 Agosto 2017, qualcuno fa notare che Renzi, cambia verso sul fronte Ius Soli...
Il 10 Gennaio 2018, Il Fatto Quotidiano.it scrive: "New York Times, le censure subite dal premio pulitzer James Risen. Bush nemico dei reporter. Obama? Peggio". Il sito di giornalismo investigativo 'The Intercept' riporta la testimonianza del cronista, che racconta le intimidazioni arrivate anche dai presidenti Usa. Vietato, ad esempio, parlare delle prigioni segrete della Cia e dubitare delle armi di distruzione di massa in Iraq.
Manca una postilla al motto del
New York Times, che è
All the news that’s fit to print, tutte le notizie che vale la pena pubblicare, ed è “se il governo non ha obiezioni”. Secondo il due volte premio Pulitzer
James Risen, 62 anni, ex giornalista del NYT, il quotidiano ha censurato alcune delle sue inchieste più scottanti, sulla politica estera americana e la sicurezza interna. A fare pressione sul giornale perché non pubblicasse le notizie, per motivi di sicurezza nazionale o per non imbarazzare qualcuno, sarebbero stati la
Casa Bianca e i
servizi segreti, nello specifico
Cia e
National Security Agency. “Hai l’obbligo di dimenticarti la storia e distruggere i tuoi appunti” gli disse, fissandolo negli occhi,
Condoleeza Rice, consigliera per la sicurezza nazionale, in un incontro alla Casa Bianca nel maggio 2003. Altre intimidazioni sono giunte da
George W. Bush in persona. Durante i suoi mandati, la “compravendita di segreti a Washington”, così l’ha definita
Risen, è stata sistematica. E con Obama la stretta sarebbe pure peggiorata.
La confessione fiume di Risen: “Tutti commerciavano informazioni” – “Funzionari della Casa Bianca e altri burocrati, del momento o del passato, appaltatori, membri del
Congresso, del loro staff e giornalisti, tutti commerciavano informazioni” confessa il reporter in una testimonianza fiume – 36 pagine dense di nomi, rivelazioni shock, trascrizioni di email confidenziali – affidata al sito di giornalismo investigativo
The Intercept. Non è la prima volta che
Risen, sposato e con tre figli, parla delle censure subite al
New York Times. Tutti sanno, perché l’ha raccontato lo stesso quotidiano nel settembre del 2006, delle pressioni di George W. Bush sul direttore del
New York TimesBill Keller affinché non pubblicasse l’inchiesta di Risen sulla sorveglianza di massa. Il NYT la pubblicò, ma solo dopo averla tenuta nel cassetto per un anno e solo dopo che comunque Risen l’aveva già messa in un suo libro. Quando l’articolo uscì, Risen si aggiudicò un
Pulitzer. Ma fu una vittoria amara: il suo giornale, quello celebre per pubblicare tutte le notizie, gli aveva tappato la bocca troppe volte. E oggi lui racconta nel dettaglio come.
Dai funzionari della Casa Bianca ai giornalisti: tutti commerciavano informazioni
Vietato parlare delle prigioni segrete della Cia – La prima volta che Risen subì la censura, fu alla fine del 2002. “Dopo gli attacchi dell’11 settembre, l’amministrazione Bush iniziò a chiedere alla stampa di insabbiare le storie più spesso. Lo facevano così spesso che mi convinsi che l’amministrazione invocava la sicurezza nazionale per reprimere storie che erano semplicemente imbarazzanti politicamente”. Risen voleva denunciare che la
Ciateneva i prigionieri di
Al Qaeda in un carcere segreto in
Thailandia. “Alcuni funzionari dell’amministrazione Bush chiamarono il
Times e ottennero dal giornale il silenzio sulla storia. Io non ero d’accordo”.
Vietato dubitare delle armi di distruzione di massa in Iraq– Ma la censura peggiorò quando, nello stesso anno, gli Stati Uniti erano in cerca della
prova che l’Iraq di Saddam Hussein avesse armi di distruzione di massa. “Iniziai anche a scontrarmi con i redattori. (…) I miei articoli che sollevavano domande sull’
intelligence, in particolare sulle dichiarazioni del governo sul legame tra
Iraq e
Al Qaeda, venivano tagliati, insabbiati o ignorati”. Anche alcuni analisti dell’intelligence erano molto scettici nei confronti di
Bush.Risen li intervistò. “Il pezzo è rimasto nel sistema del
Times per giorni, poi settimane, ignorato dai redattori. Ho chiesto a tantissimi di loro a che punto fosse l’articolo, ma nessuno lo sapeva. Alla fine uscì, ma era stato tagliato brutalmente e nascosto in fondo al giornale. Ne scrissi un altro e successe la stessa cosa. Provai a scriverne ancora, ma iniziai a recepire il messaggio. Mi sembrò che il
Times non le volesse queste storie”.
Condoleeza Rice mi disse: ‘Hai l’obbligo di dimenticarti la storia e distruggere i tuoi appunti’
Le pressioni di Condoleeza Rice alla Casa Bianca – Altra notizia, stessa censura. Nella primavera del 2003
Risen aveva per le mani una storia di goffissime operazioni di spionaggio della
Ciain
Iran, fallite per incompetenza degli 007. Una storia “scervellata”, la definisce
Risen, che avrebbe messo in ridicolo l’intelligence americana. Risen telefonò all’ufficio stampa della Cia per un commento. Risultato? Il giorno dopo,
il giornalista e il suo capo erano seduti di fronte a
CondoleezaRice, consigliere per la sicurezza nazionale, e a
George Tenet, direttore della
Cia, in una stanza della Casa Bianca. “Rice mi guardò dritto negli occhi. Avevo ricevuto informazioni così sensibili che avevo l’obbligo di dimenticarmi dell’articolo, distruggere i miei
appunti e non fare mai una telefonata per parlarne con chicchessia, disse lei. Disse ad
Abramson (caposervizio a
Washington, ndr) e a me che il
New York Times non avrebbe mai dovuto pubblicare la storia”. Detto, fatto: il Times non la pubblicò mai. Il giornalista iniziò a sentirsi isolato. “Ero depresso”.
Lo scoop che valse il Pulitzer era stato censurato per un anno dal New York Times – Nella primavera del 2004 lo scoop di una vita bussò alla porta di Risen. Una fonte, dopo parecchie titubanze, gli rivelò che i cittadini americani era intercettati. Email, telefonate, tutto veniva ascoltato dagli agenti della
National Security Agency, con l’approvazione del presidente Bush. L’operazione “Vento stellare” era segretissima e “probabilmente illegale e incostituzionale”. Risen, in squadra con il collega
Eric Lichtblau, trovò conferme da altre fonti. Quando l’inchiesta era pronta per finire in prima pagina e sconvolgere il Paese, iniziò “un anno di negoziazioni tra il
Times e l’amministrazione
Bush, mentre i funzionari cercavano continuamente di uccidere la storia”.
Risen ormai era stanco. “Ero furioso che il Times avesse stroncato tutte e due le storie sull’
Iran e sulla
NSA, e arrabbiato che la
Casa Bianca riuscisse a nascondere la verità. Dissi a me stesso che se avessi continuato ad accettare le scelte di tagliare o direttamente uccidere così tante storie, come avevo fatto negli ultimissimi anni, non sarei più stato capace di rispettare me stesso”. Quelle inchieste per
Risen sarebbero dovute uscire in un modo o nell’altro. La soluzione? Farne un libro. “Ero quasi sicuro che avrebbe significato essere licenziato dal
Times. Era snervante, ma mia moglie, Penny, era fermamente convinta. ‘Non ti rispetterò se non lo fai’ mi disse. Questo determinò la mia decisione”.
Non riuscivo a dormire e iniziai a soffrire di pressione alta
Quando in redazione seppero cosa stava per fare, Risen fu accusato dai colleghi di “insubordinazione” e “ribellione”. Il suo capo tentò di convincerlo a censurare il libro e ci fu pure un incontro tra
George W. Bush, l’editore del
New York Times e due capiservizio per ritardare l’inevitabile uscita dell’articolo sul giornale, che sarebbe seguita alla pubblicazione del libro. Fu un periodo difficilissimo per
il giornalista. “Non riuscivo a dormire e iniziai a soffrire di pressione alta”. Alla fine il libro uscì nel 2006 con il titolo
State of War, così come il pezzo, per il quale
Risen e
Lichtblau vinsero il
Pulitzer lo stesso anno. Per
Risen era il secondo
Pulitzer. In redazione gli chiesero di fare un discorso, come da tradizione quando si vince il premio più prestigioso per un giornalista. “Non sapevo cosa dire. Per mesi avevo segretamente vissuto con la paura di essere licenziato per
insubordinazione; adesso venivo onorato per la stessa cosa, dalle stesse persone”.
George W. Bush, nemico dei reporter. “Obama? Peggio” – Ma non era finita qui. L’amministrazione
Bush prima e quella di
Obama poi, pretesero di sapere quali fossero le fonti di alcuni capitoli del suo libro, chiamandolo a testimoniare in un processo a carico di un ex agente della Cia. Risen si è sempre rifiutato di rivelarle, rischiando il carcere, ma, nel 2015, dopo una battaglia legale durata 7 anni, la
Corte Suprema ha deciso di ritirare il
mandato di
comparizione nei suoi confronti, rispettando così la libertà dei giornalisti a tenere segrete le fonti.
Ma perché in tribunale era stato portato per il libro e non per l’articolo, vincitore del
Pulitzer, che diceva le stesse cose?
Risenuna risposta se l’è data: è stata una “decisione strategica” della
CasaBianca, per non andare allo scontro diretto con il
New York Times. Risen è rimasto deluso dal presidente
Barack Obama. “Il giro di vite sui
giornalisti e gli
informatori è iniziato durante la presidenza di
George W. Bush e proseguito in modo molto più aggressivo sotto l’amministrazione
Obama, che ha perseguito più fughe di
notizie di tutte le precedenti amministrazioni messe insieme”. Oggi
Risen non scrive più per il
New York Times.
Maggio 2017. Quello a sinistra è il primo ministro italiano (Gentiloni), quello a destra (Soros) è il signore che ha spinto lo Stato Italiano, speculando nel 1992 sulla Lira, ad un prelievo forzoso ed improvviso (nella notte tra il 9 e il 10 luglio 1992) del 6 per mille su tutti depositi bancari degli italiani (Prelievo sui conti correnti e Isi)...
[SPECIALE] Il 19 Gennaio 2018, Paolo Barnard scrive: "DOPO 131808 - 82 FR 60839, E DOPO QUESTA ULTIMA ORA, I MEDIA NON ESISTONO PIU’".
Che i media siano controllati e che si auto-censurino persalvarsi il sedere, lo sa anche un cacciavite. Ma che due notizie bomba sulPresidente della nazione più potente del mondo, e accessibili a tutti, possano lo stesso per un ordine di scuderia scomparire nel nullasui maggiori media occidentali, no, questo non lo credevo. Attenti, forse aveteletto in fretta: nei Pentagon Papers, nel Watergate, nell’Iran-Contras, nell’Iraq-gate,i fatti erano occulti. Nei due casi che racconto qui, no, sono pubblici e accessibili da una pensionata, riguardano l'uomo più potente del pianeta, eppure sonostati ‘suicidati’ e sepolti da tutti i grandi media con un accordo e con unasincronia scioccanti. Davvero, io mi devo arrendere ai ‘complottisti’ e dire: imedia non esistono più.
Ecco le storie.
Il Presidente Donald Trump è sotto attacco da parte di dueStati ombra ben noti all’interno dello Stato americano (e di ogni altro Stato):cioè il raggruppamento dei Servizi Segreti da una parte – che comprendono CIA,NSA, NGA, FBI e che va sotto il nome di ‘Shadow Government’; e le maggioriCorporations coi loro lobbysti che foraggiano il Congresso, dall’altra – ovveroBig Oil, Big Pharma, Big Banks, Big Media, Arms Industry, Silicon Valley, che passanosotto il nome di ‘Deep State’. *
* (Nota per i lettori: chiunque neghi l’esistenza e i poteridi questi apparati con la parola “complottismo”,non ha mai letto una pagina del NYTimes, del Washington Post o sentito di P2 eStragismo in Italia. Quindi è un cretino)
In USA i Poteri non si attaccano mai per rispetto della legge, non siamo bambini, quindi il motivo dei sopraccitati attacchi è ovvio (e noto): questo Presidente è incontrollabile, eforse anche mentalmente instabile, ma così facendo e così essendo, egli ha devastatola sacra tradizione di almeno 70 anni di presidenze americane, dove le politichereali furono sempre influenzate o truccate da ‘Shadow Government’ e ‘DeepState’, fino alla presidenza Obama inclusa. Trump va quindi abbattuto.
Ma quest’uomo è molto meno fesso di ciò che appare. O forse èmeglio dire: si è circondato di alcuni dei più brillanti ‘Rasputin’ di tutta laStoria moderna. Trump ha quindi contrattaccato coi due numeri scritti neltitolo: 131808 - 82 FR 60839.Si riferiscono rispettivamente al N. del PresidentialExecutive Order del 20 dicembre 2017, e al N. di protocollo del medesimopresso il U.S. Government PublishingOffice. La mossa è stata ‘nucleare’, ma talmente tanto che quegli apparatidi Potere, ripeto ‘Shadow Government’ e ‘Deep State’, faticano ariprendersi. Chiarisco e aggiungo con ordine, perché la storia è agghiacciante.
Donald Trump è sotto una ‘Dresda’ di bombe per abbatterlo,fra cui: il presunto accordo-scandalo con Putin per truccare le elezioni 2016,che coinvolge anche la sua famiglia - la relativa inchiesta, nelle mani dell’implacabileex direttore dell’FBI Robert Mueller col suo team - accuse di grave instabilitàmentale da Impeachment e apparentementedocumentate dall’esplosivo best seller Fireand Fury di Michael Wolff - una presunta serie di abusi sessuali ai danni didonne lungo la sua carriera sia da businessman che come politico - e una sfilzadi accuse a membri del suo governo per uso improprio/abuso personale di denaropubblico (come Steve Mnuchin, Ryan Zinke o TomPrice, ecc.). Tutti questi scandali s’appoggiano pesantemente sui poteri e/osulle spiate dello ‘Shadow Government’.
Ce n’è a sufficienza per demolire chiunque. Trump, in assenza di 131808 - 82 FR 60839,sembrava un gigante coi piedi d’argilla. Non controlla l’FBI, prima diretta dalsuo arci nemico Comey e oggi da Christopher Wray che a sua volta non controllal’FBI. Non controlla la CIA, diretta da Mike Pompeo, che a sua volta noncontrolla la CIA. Non controlla la NSA diretta dall’Ammiraglio Michael Rogers, chea sua volta non controlla la NSA. Non ha nessuna influenza sulla NGA, che giocaun ruolo centrale in tutte le inchieste di massima sicurezza in America. Questoper quanto riguarda lo ‘Shadow Government’. Poi è tropporicco per poter essere comprato dal ‘Deep State’, che è – specialmentecon Wall Street e la dirigenza ebraica americana – sponsor principale deiDemocratici, e di tutti i Repubblicani ostili al Presidente. Ergo, anche qui lodavano per traballante nelle simpatie del Congresso.
Poi quattro giorni prima di Natale cade la bomba 131808 - 82 FR 60839,e, usando un'impareggiabile espressione americana, “the shit hit the fan” (la merda finì nelle pale del ventilatore).
Prima cosa, un riassunto dell’Executive Order 131808 - 82 FR 60839:è uno degli atti legislativi americani più dirompenti da sessant’anni. Cosadice in due parole: colpisce con le massime armi, sia in senso letterale chegiuridico che finanziario, chiunque si renda colpevole di violazioni dei Diritti Umani e di corruzione, in USA e nel mondo. Colpisceanche i governi esteri coinvolti, i loro funzionari, e qualsiasi complice inqualsiasi forma. Di più: va a colpire queste infami catene là dove gli fa piùmale, cioè nei soldi, con il bloccoe la confisca dei loro denari, proprietà, titoli, azioni, anche nelle loroforme più maliziosamente nascoste o lontanamente imparentate.
Ok, sappiamo che Trump non è Mandela, quindi stop, eprecisazione: questa legge avrà effetti minimi sui Diritti Umani o sullacorruzione nel mondo, di cui a Washington fotte una minchia, e neppure è stata voluta per quello, Trump è solo un meschino opportunista, lo capirete fra un attimo. Ma è stata scrittaper mitragliare a morte un settore ben preciso delle violazioni dei Diritti Umani. Fermi, TUTTI ATTENTI:
Per violazione dei Diritti Umani e corruzione,l’Amministrazione Trump ha volutointendere soprattutto il mercato dei minori per pedofilia, nel bacino piùampio dei trafficanti di persone. Infatti il Presidente aveva anticipato questalegge il 23 febbraio 2017 in conferenza stampa, rilanciata dalla Associated Press, dove parlò proprio di traffici umani per pedofilia. Ma perché? Perché Trump sa bene che questo abominio, l’abuso di minori venduti, sembra aver infettato la maggioranza dei vertici di ‘DeepState’, col silenzio dello ‘Shadow Government’, e con unpresunto forte coinvolgimento di una notissima beneficienza: la ClintonFoundation. Come fa Trump a saperlo? Da anni ne parla in pubblico un expezzo grosso della CIA, di cui specifico i dettagli alla fine, più altre fonti autorevoli. Se rileggete questo paragrafo capite subito che il suo Executive Order colpirà proprio i suoi nemici.
In questo momento preciso negli Stati Uniti alcunialtissimi nomi stanno tremando, e precisamente dalla mattina del 21 dicembrescorso, quando l’Executive Order131808 - 82 FR 60839è stato pubblicato ‘in Gazzetta’ a Washington. JF Kennedy fu uccisoper meno, a quanto sappiamo fino ad oggi. Infatti i ‘Rasputin’ di Trumpsapevano che la vita del Presidente sarebbe stata immediatamente in pericolodopo 131808 - 82 FR 60839,e qui hanno fatto la pensata di tutte le pensate, eccola:
Nelle prime righe dell’Executive Order, viene appositamentescritto dal Presidente questo: “Io perciòdecido che i gravi abusi dei Diritti Umani, e la corruzione, nel mondo costituiscono un'insolita e straordinaria minacciaalla sicurezza nazionale”.Dovete sapere che le precise parole minaccia – alla – sicurezza - nazionalepronunciate dal Presidente degli Stati Uniti implicano l’immediatamobilitazione di tutto l’esercito americano, cioè del Pentagono. E’ di fatto unpreallarme di guerra, e di conseguenza le protezioni intorno al Presidentedivengono massime. E quando si muove il Pentagono non esiste nulla al mondo,se non un arsenale nucleare straniero, che possa batterlo. Questo è ultrachiaro a tutti gli apparati di ‘Deep State’ e ‘Shadow Government’, cheora sono in deep shit, nella merdafino al collo, per essere chiari.
Non è stato un caso che Trump abbia messo nei posti chiave aWashington tre Generali, e un Ammiraglio a capo dei più potenti 007 degli USA.Abbiamo il Gen. James “Mad Dog”Mattis come Ministro della Difesa; il Gen. John Kelly come White House Chief of Staff,e il Gen. H. R. McMaster come Consigliere per la Sicurezza Nazionale. Poi,anche se boicottato dai suoi sottoposti, c’è l’Ammiraglio Michael Rogersa capo dalla NSA. Insomma, il Pentagono. Trump sarà anche scemo,ma cosa sia lo ‘Shadow Government’ lo sapeva benissimo, e si è protetto.
Ricapitoliamo: ‘Deep State’ e ‘Shadow Government’ letrovano tutte per abbattere Trump in ovvio accordo con Hillary Clinton. MaTrump usa il pretesto di una legge sui Diritti Umani, la 131808 - 82 FR 60839, permetterli in un angolo con indagini profonde sul traffico internazionale di minori per pedofilia in cui sarebbero coinvolti molti vertici USA di ‘DeepState’, inclusi i Clinton, col silenzio di ‘Shadow Government’. EDonald lo fa coprendosi le spalle con l’intero esercito degli Stati Uniti. Bellaroba.
Esisterebbe dunque un traffico di minori per pedofili dialtissimo livello ai vertici di ‘Deep State’ inclusi i Clinton.Trump apprende questo da molte fonti, la prima delle quali è l’ex agente edirigente pluridecorato della CIA Kevin M. Shipp. Costui, senza la famaattribuita al suo collega ‘whistleblower’Edward Snowden, sta rivelando da anni il livello di marciume criminale chedavvero permea lo ‘Shadow Government’ in America. Shipp è stato esperto dianti-terrorismo, guardia del corpo di due direttori della CIA, era ai verticidella Counterintelligence, ed è stato citato dal New York Times come “veteranodella Central Intelligence Agency”. Non è proprio un signor nessuno nello ‘ShadowGovernment’ americano.
Ma già da anni il Washington Times, il New YorkPost e l’inglese The Guardian riportavano notizie certe sui cosiddetti “Voli Lolita” – cioè voli su un jetprivato per orge con minori – organizzati dal miliardario pedofilo JeffreyEpstein. Bill Clinton, secondi gli atti del processo che condannò Epstein, fuospite 26 volte su quei voli. Altri nomi di alto rango trovati nell’agenda‘nera’ del miliardario furono Tony Blair, Michael Bloomberg, Richard Branson fra molti altri, ei cellulari delle minori schiave del sesso fra cui “Jane Doe N.3”. E’ quest’ultima che negli atti processuali hadichiarato di “essere stata costretta arapporti sessuali con diversi politici americani, top businessmen, un Premierfamosissimo, e altri leader internazionali”. Nel 2006 Epstein fece unagrassa donazione alla Clinton Foundation. Nella capitale USA, la ONG di Conchita Sarnoff, Alliance to Rescue Victims ofTrafficking, ha decine di files su Potere e pedofilia.
Ora, e qui siamo al titolo del mio articolo: provate atrovare traccia sui grandi media italiani o americani dell’esplosivo affare 131808 - 82 FR 60839 del dicembre 2017; dei nomi coinvolti come Bille Hillary Clinton, Robert Mueller, Kevin M. Shipp, e di ‘Deep State’ e ‘ShadowGovernment’. Attenti, non parliamo di una legge del Nicaragua, ma delPresidente americano più discusso e delegittimato della Storia. Nulla, non si trova niente, ed èaccaduto meno di un mese fa, il silenzio stampa è stato totale. Eppurebastava cliccare i comunicati stampa del governo più noto al mondo, poi U.S. Government Publishing Office ecc.Nulla, neppure nei “Paesi seri” diMarco Travaglio. Questi colossali fatti e intrighi sono stati ‘suicidati’ esepolti da tutti i grandi media con un accordo e con una sincronia scioccanti.Davvero, io mi devo arrendere ai ‘complottisti’ e dire: i media non esistonopiù.
** ULTIMA ORA** Sonole 06:32 del mattino del 19 gennaio mentre scrivo queste ultime parole, e una*** ULTIMA ORA *** mi compare sullo schermo. Come in una coincidenzaparanormale, essa tratta esattamente di Donald Trump, del tentativo di ‘DeepState’ e ‘Shadow Government’ di abbatterlo, dei Clinton e del "falso complotto russo", di RobertMueller, ed è molto più che esplosiva. Infatti pochi minuti prima era giunto sugliscranni del Congresso USA un Memorandumche sembra contenere le prove delle azioni della Clinton, coi soldi del Partito Democratico, colsilenzio di CIA ed FBI, per usare i poteri TECH della NSA permessi dalla legge FISA, sottola presidenza di Obama... e il tutto per spiare la campagna elettorale di Trump, per corromperetestimoni russi a dire il falso contro il neo-eletto Presidente, e con lacollusione di Londra. Fox News titola: “Molto più grave del Watergate”. Il sitodi finanza Zero Hedge pubblica all'istante i Tweet di alcuni senatori americani sottoshock, con parole come “Non solo questo Memorandummanderà a spasso un sacco di gente al Dipartimento della Giustizia, ma certinomi finiranno in galera”, dalla bocca del Senatore Matt Gaetz.
Giusto il tempo di dormire un poco e mi ributto sulla news, con la certezza che sarà esplosa dal New York Times a Repubblica, passando perCNN, BBC e RAI. Nulla. Vado su Fox News, e in prima non c'è più nulla! Perdo il fiato. Ma lo recupero quando Zero Hedge pubblica unTweet del più autorevole fra gli autorevoli, Edward Snowden, che conferma tutto,lo vedete sopra in foto. Eppure, di nuovo, ago e filo hanno cucito la bocca ele dita di tutto il mondo dei media che contano in un istante, e con un potere diassolutismo che davvero non credevo possibile a questo livello. La news dallavetta del mondo, non dal Nepal ma da Washington D.C., è di nuovo ‘suicidata’ sulle testate e sugli schermi più noti del pianeta, PURESSENDO USCITA IN PUBBLICO. E' possibile che lo stesso Donald Trump sia parte di questa incredibile congiura del silenzio, per barattare coi suoi nemici e per poterli poi ricattare per anni, ma ciò non cambia la sostanza di questo articolo.
Scorrete in cima, e fissate quel Tweet. Io sono a Londra. Non fate figli.
Il 2 Aprile 2018, Repubblica.it scrive: "Le fake news di Scalfari su Papa Francesco".
Le “fake news” di Scalfari su papa FrancescoOggi è la Giornata Mondiale del Fact Checking, e vale la pena soffermarsi su una straordinaria serie di fake news diffuse da Eugenio Scalfari negli anni scorsi a proposito di papa Francesco, l’ultima delle quali risale a pochi giorni fa. Com’è o
Oggi è la Giornata Mondiale del Fact Checking, e vale la pena soffermarsi su una straordinaria serie di fake news diffuse da Eugenio Scalfari negli anni scorsi a proposito di papa Francesco, l’ultima delle quali risale a pochi giorni fa.
Com’è ormai noto urbi et orbi, Scalfari ha ricevuto nel settembre 2013 una lettera dal nuovo papa. Fino a quel momento, per chi avesse seguito anche solo di lontano la cronaca argentina, Bergoglio era un conservatore medievale, che nel 2010 aveva scandalizzato il proprio paese con le proprie anacronistiche prese di posizione contro la proposta di legge sui matrimoni omosessuali, riuscendo nell’ardua (e meritoria) impresa di coalizzare contro di sé un fronte moderato che fece approvare in Argentina quella legge, ben più avanzata delle timidi disposizioni sulle unioni civili approvate nel 2016 in Italia.
Dopo la sua lettera a Scalfari papa Francesco si è trasformato per lui, e di riflesso anche per Repubblica, in un progressista rivoluzionario, che costituirebbe l’unico punto di riferimento non solo religioso, ma anche politico, degli uomini di buona volontà del mondo intero, oltre che il papa più avanzato che si sia mai seduto sul trono di Pietro dopo il fondatore stesso. Fin qui tutto bene, o quasi: in fondo, chiunque ha diritto di abiurare il proprio passato di “uomo che non credeva in Dio” e diventare “l’uomo che adorava il papa”, andando a ingrossare le nutrite fila degli atei devoti, o in ginocchio, del nostro paese.
Il fatto è che Scalfari non si è limitato alle proprie abiure personali, ma ha incominciato a inventare notizie su papa Francesco, facendole passare per fatti: a produrre, cioè, appunto delle fake news. In particolare, l’ha fatto in tre “interviste” pubblicate su Repubblica il 1 ottobre 2013, il 13 luglio 2014 e il 27 marzo 2018, costringendo altrettante volte il portavoce del papa a smentire ufficialmente che i virgolettati del giornalista corrispondessero a cose dette da Bergoglio. Addirittura, la prima intervista è stata rimossa dal sito del Vaticano, dove inizialmente era stata apposta quando si pensava fosse autentica.
Le interviste iniziano pretendendo che gli incontri con Scalfari siano sempre scaturiti da improbabili inviti di Bergoglio. E continuano attribuendo al papa impossibili affermazioni, dalla descrizione della meditazione del neo-eletto Francesco nell’inesistente “stanza accanto a quella con il balcone che dà su Piazza San Pietro” (una scena probabilmente mutuata da Habemus Papam di Moretti), all’ultima novità che secondo il papa l’Inferno non esiste.
Quando, travolto dallo scandalo internazionale seguìto alla prima intervista, Scalfari ha dovuto fare ammenda il 21 novembre 2013 in un incontro con la stampa estera, ha soltanto peggiorato le cose. Ha infatti sostenuto che in tutte le sue interviste lui si presenta senza taccuini o registratori, e in seguito riporta la conversazione non letteralmente, ma con parole sue. In particolare, ha confessato, “alcune delle cose che il papa ha detto non le ho riferite, e alcune di quelle che ho riferite non le ha dette”.
Ma se le fake news sono appunto opinioni riportate come fatti, o falsità riportate come verità, Scalfari le diffonde dunque sistematicamente. Il che solleva due problemi al riguardo, riguardanti il primo Bergoglio, e il secondo Repubblica.
Il primo problema è perché mai il papa continui a incontrare Scalfari, che non solo diffonde pubblicamente i loro colloqui privati, ma li travisa sistematicamente attribuendogli affermazioni che, facendo scandalo, devono poi essere ufficialmente ritrattate. Sicuramente Bergoglio non è un intellettuale raffinato: l’operazione (fallita) di pochi giorni fa, di cercare di farlo passare ufficialmente per un gran pensatore, suona appunto come un’excusatio non petita al proposito, e non avrebbe avuto senso per il ben più attrezzato Ratzinger (il quale tra l’altro se n’è dissociato, con le note conseguenze). L’avventatezza di papa Francesco l’ha portato a circondarsi autolesionisticamente di una variopinta corte dei miracoli, dal cardinal Pell alla signora Chaouqui, e Scalfari è forse soltanto l’ennesimo errore di valutazione caratteriale da parte di un papa che non si è rivelato più adeguato del suo predecessore ai compiti amministrativi.
Non bisogna però dimenticare che Bergoglio è comunque un gesuita, che potrebbe nascondere parecchia furbizia dietro la propria apparente banalità. In fondo, un minimo di blandizia esercitato nei confronti di un ego ipertrofico gli ha procurato e gli mantiene l’aperto supporto di uno dei due maggiori quotidiani italiani, che è passato da una posizione sostanzialmente laica a una palesemente filovaticana. Se da un lato Bergoglio può ridersela sotto i baffi dell’ingenuità di uno Scalfari, che gli propone di beatificare uno sbeffeggiatore dei gesuiti come Pascal, dall’altro lato può incassare le omelie di un Alberto Melloni, che dal 2016 ha trovato in Repubblica un pulpito dal quale appoggiare le politiche papali con ben maggior raffinatezza, anche se non con minore eccesso di entusiasmo. A little goes a long way, si direbbe nel latino moderno.
Rimane il secondo problema, che è perché mai Repubblica non metta un freno alle fake news di Scalfari, e finga anzi addirittura di non accorgersene, quando tutto il resto del mondo ne parla e se ne scandalizza. In fondo, si tratta di un giornale che recentemente, e inusitatamente, ha preso per ben due volte in prima pagina le distanze dalle opinioni soggettive del proprio ex editore-proprietario ma che non dice una parola sulle ben più gravi e ripetute scivolate oggettive del proprio fondatore.
Io capisco di giornalismo meno ancora che di religione, ma la mia impressione è che in fondo ai giornali della verità non importi nulla. La maggior parte delle notizie che si stampano, o che si leggono sui siti, sono ovviamente delle fake news: non solo quelle sulla religione e sulla politica, che sono ambiti nei quali impera il detto di Nietzsche “non ci sono fatti, solo interpretazioni”, ma anche quelle sulla scienza, dove ad attrarre l’attenzione sono quasi sempre e quasi solo le bufale.
Alla maggior parte dei giornalisti e dei giornali non interessano le verità, ma gli scoop: cioè, le notizie che facciano parlare la maggior parte degli altri giornalisti e degli altri giornali. E se una notizia falsa fa parlare più di una vera, allora serve più quella di questa. Dire che il papa crede all’esistenza dell’Inferno è ovviamente una notizia vera, ma sbattuta in prima pagina lascerebbe indifferenti la maggior parte dei giornalisti e dei giornali. Per questo Scalfari scrive, e Repubblica pubblica, che il papa non crede all’Inferno: perché altri giornalisti e altri giornali lo rimbalzino per l’intero mondo.
Il vero problema è perché mai certe cose dovrebbero leggerle i lettori. Che infatti spesso non leggono le fake news, e a volte alla fine smettono di leggere anche il giornale intero. Forse la meditazione sul perché i giornali perdono copie potrebbe anche partite da qui, nella Giornata Mondiale del Fact Checking.
[SPECIALE] Il 6 Marzo 2018, si ricorda nel libro "La Scomparsa della sinistra in Europa" che... [immigrazione, lavoro, islam]
Il 13 Dicembre 2017, Giuseppe Smorto scrive: "Ius soli, nuovi italiani, repubblica".
Renzi e l'Austerità = https://twitter.com/matteorenzi/status/402829386849976320, https://twitter.com/matteorenzi/status/533512157745647617, https://twitter.com/matteorenzi/status/940167049350873088